L’Italia chiede la restituzione di sette reperti del Museo del Louvre

Per gli appassionati di arte greca, etrusca e romana, è imperdibile la mostra del Louvre Campana, intitolata al marchese la cui collezione fu acquistata da Napoleone III. Le sue sale, che sono state riaperte al pubblico all’inizio di luglio dopo la ristrutturazione, sono piene di belle antichità del Vecchio Mondo. In vetrina, in particolare, un’anfora su fondo nero, datata V.H secolo a.C. J. -C, attribuito al “Pittore di Berlino”, uno dei grandi maestri della ceramica greca, il cui stile è consolidato, ma la cui identità rimane sconosciuta. Da un lato un musico di profilo suona la cetra. Una figura coronata di alloro, invece, tende il braccio in un gesto invitante. Il cartello omette un dettaglio: secondo le informazioni di mondIl Louvre ha confermato che lo stato italiano afferma che questo pezzo, insieme ad altri sei manufatti, è di origine problematica.

Il museo le ha acquistate tra il 1982 e il 1998, in un momento in cui i curatori di tutto il mondo concentravano la loro attenzione sull’autenticità delle opere, dimenticando di preoccuparsi della loro provenienza. L’inchiesta, tuttora in corso, potrebbe portare a un accordo storico tra Francia e Italia in autunno. Tuttavia, il riconoscimento degli acquisti problematici del Museo parigino non è stato automatico. Sono passati così dieci anni dai primi sospetti e dall’inizio del dialogo tra i due Paesi.

La storia risale al 1995. Nel segreto del porto franco di Ginevra, poliziotti svizzeri e italiani fanno irruzione nel magazzino di un mercante italiano disonesto, Giacomo Medici, e si imbattono in un incredibile bottino. Oltre a migliaia di oggetti scavati di nascosto, gli investigatori hanno scoperto cinquemila Polaroid, tante quante schede di inventario che elencano opere in varie fasi, dall’esumazione al restauro pre-vendita.

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Questa enorme mole di documenti, che servirà da reperto durante un clamoroso processo nel 2003, ha permesso di tracciare l’intera catena, da Tomparoli (“tombaroli”), quelle manine che dissotterrano le cose di nascosto, alle case d’asta e ai mercanti che, avendo allestito bottega, si occupano di riciclare i resti appena saccheggiati donandoli a musei e prestigiosi collezionisti.

“Sconti per il Museo del Louvre”

Gianfranco Pichina, l’antiquario siciliano che gestisce la Palladion Gallery di Basilea, è uno di loro. Lui stesso ha arredato il miliardario americano Shelby White, benefattore del Metropolitan Museum, e suo marito, Leon Levy, così come la villa di Getty a Malibu. ma anche il Louvre, dal quale acquistò diversi oggetti importanti: un cartier di Proci, un bell’esemplare di vaso antico del pittore di Ixion, un altro orifizio nello stile del pittore di Antimenes decorato con una scena mitologica, sempre da una coppia di nereidi (sirene) dalla Puglia.

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